venerdì 22 ottobre 2010

Carlos

L’Anima è una lunga serie di palazzi, tutti uguali, scuri e imponenti, che s’intrecciano per un paio di chilometri, alla periferia della Città dei Santi. Quando l’ex-sindaco, dieci anni fa, aveva ordinato la sua costruzione, lo aveva fatto di tutta fretta su suggerimento dei suoi consiglieri, che erano venuti a sapere dell’imminente apertura di un tratto autostradale da chissà quali fonti, con l’evidente intento di anticipare la rivalutazione dei terreni e guadagnarci in popolarità ma soprattutto in soldoni. Ma il progetto autostradale era cambiato, le cose non erano andate come avrebbero dovuto, e il sindaco aveva perso faccia e posto. Il quartiere così era rimasto un oasi di vetro e cemento isolato alla periferia della città, trasformandosi presto in quartiere popolare, dove prima la povertà e poi la violenza, sorelle che amano viaggiare in compagnia, avevano trovato casa. Carlos vive qui. Ci è arrivato circa un anno fa, con il suo carico di belle speranze e la sua laurea in Filosofia, convinto che il suo futuro potesse cambiare, in una grande città. Sua madre ha riposto molte speranze in lui, e speso quasi tutti i risparmi per farlo studiare e fargli ottenere una laurea che lo facesse diventare qualcuno, e alla fine ha accettato anche l’idea che lui se ne andasse via, lontano, nonostante questo la facesse così soffrire. Ma per Carlos, ora, il momento non è dei migliori. Dopo aver cercato in tutti i modi di ottenere un posto di lavoro del quale andare orgoglioso, senza successo, adesso, per guadagnare almeno i soldi dell’affitto, lavora alla stazione di servizio come cameriere, 10 ore al giorno, per una miseria. La sua camera è una stanza di due metri per tre, dove dorme, mangia, beve, passa il suo tempo libero e a volte fa l’amore. Vive con Jack, meccanico peruviano, e Gotta, che è indiana e fa la commessa nell’unico supermercato dell’Anima. In realtà lei si chiama Maria ma Carlos la chiama così perché quando è arrivato qui lei parlava sempre della gotta che aveva, che le faceva così male, che non voleva passare e che non la faceva dormire. Quando Gotta cucina qualcosa, e questo qualcosa è quasi sempre riso, lo fa alle sei e trenta del mattino, cosicché quando Carlos si alza, mezz’ora dopo, all’idea di far colazione ha un conato di vomito.

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